Altitudine

327 m slm

Superficie

22,91 Km2

Abitanti

1.354

Densità

59,1 ab/Km2

CAP

89040

Nome abitanti

antonimininesi

Santo patrono

San Nicola

Giorno festivo

6 dicembre

 

 

 

Il paese sarebbe stato fondato nel corso del XV secolo ad opera di un nucleo di pastori che vi stabilirono per poter meglio assolvere alla custodia degli armenti. Questa ipotesi è avvalorata dal fatto che la  parte centrale dell'abitato viene chiamata "Terrata", che significa "ovile". Il nome pare che gli fosse venuto da uno dei fondatori, o primi abitanti "Antonio Mina". Secondo alcuni il nome di Antonimina deriva dal greco Antos Nemos (=boschetto fiorito).

Compreso nel principato di Gerace, appartenne ininterrottamente alla famiglia genovese dei Grimaldi che lo tenne fino all'eversione della feudalità (1806).

Il terremoto del 1783, particolarmente violento, costò la vita a due persone e vi fece danni per 60 mila ducati. L'ordinamento amministrativo francese del 1806 lo considerò luogo e lo incluse nel cosiddetto Governo di Gerace in esecuzione della legge di quell'anno e di quella successiva del 1816. Nel 1933 venne incluso nell'elenco dei Comuni da considerare negli abitanti a totale carico dello Stato.

Resti di un convento, forse costruito nel XII secolo, sussistono nei pressi del Monte Tre Pizzi, che qualcuno vuole sia stato un vulcano, fino a qualche secolo fa era meta di pellegrini provenienti da tutta la Locride in occasione dell'annuale fiera di bestiame in onore di S.Pietro.

Paese eminentemente agricolo, produce legumi, frutta, olive e grano, vi operano frantoi oleari e un mulino. L'allevamento del bestiame, fatto a carattere familiare dà buoni prodotti in latticini.

Nei secoli passati notevole era lo sfruttamento dei suoi boschi, dai quali si ricavava grande quantità di legname che veniva quasi tutto esportato, attività che negli ultimi anni ha di nuovo preso piede. L'abate D. Francesco Sacco scriveva ancora (nel Dizionario Geografico-istorico-fisico del Regno di Napoli) nel 1795: "Egli (Antonimina) è situato in luogo montuoso, e vi gode buona aria. I suoi abitanti ascendono al numero di 850, addetti... alla pastorizia. Il territorio dà loro tutto il bisognevole, e tra le industrie evvi quella di allevare bachi da seta".

Acque sante locresi

Antonimina è nota soprattutto per le sue acque termali, conosciute fin dall'antichità con il nome di "acque sante locresi".

Le terme erano già conosciute nei tempi in cui Locri Epizephyrii era una fiorente città. La vera e propria creazione delle strutture termali risale al 1870 (con ulteriori interventi negli anni Trenta e Ottanta di questo secolo), ma numerose citazioni di scrittori (basti ricordare il Grano e il Barrio) testimoniano il sussistere, nel corso dei secoli, di una certa notorietà delle acque di Locri, ritenute particolarmente efficaci nella cura della sterilità femminile. Anticamente le fonti approvvigionavano anche l'acquedotto di Locri.

Ricche di solfato di sodio e di cloruro, hanno 35° centigradi e pare siano adatte alla cura di diverse malattie. Sono impiegate per bagni, fanghi e per via transmucosa con benefica azione risolvente, detergente e stimolante delle difese organiche e del ricambio generale, trovando quindi indicazione nei postumi di processi infiammatori cronici di qualsiasi origine.

Presso le Terme di Antonimina si curano le malattie dell'apparato locomotore, le forme infiammatorie ginecologiche croniche e loro reliquati sia infiltrative che essudative, le affezioni infiammatorie croniche delle vie respiratorie e dell' orecchio e le dermopatie.

Molto importante da citare sono le varie sorgenti di acque con caratteristiche differenti e particolari come l'acqua della Purga, oppure l'acqua du Vasalu, l'acqua della milza e l'acqua delle emorroidi.Le leggende sulle pietre e sui luoghi antoniminesi completano questa descrizione sui luoghi naturalistici di Antonimina

A destra del centro abitato si erge, come eterno custode, impetuoso e solitario, il monte San Pietro denominato “Tre Pizzi” per la curiosa forma a tre punte. Ai suoi piedi esisteva, come testimoniano alcuni ruderi, un convento di Frati Eremiti.
In località "Saramico" si trovano giacimenti di lignite picea ed una cava di solfato di bario, sfruttati nel passato ed ora completamente abbandonati.

Nel territorio di Antonimina si trovano suggestive formazioni rocciose, indicate dagli abitanti come “I Petri” (le pietre), che, nei racconti tramandati, sono legate a una serie di leggende.
U tri pizzi (I tre pizzi).
Tra Antonimina e Ciminà, è comunemente detta “Pietra di San Pietro”. Si racconta, infatti, che Gesù e gli Apostoli stavano passeggiando lungo la fiumara “a Principissa” quando, improvvisamente, San Pietro cominciò a lamentarsi di non avere un monumento in proprio onore. Colto da un’idea improvvisa, rivolse lo sguardo verso la collina sovrastante e, afferrando una pietra dal greto del fiume, la lanciò in alto. Il sasso si depositò in cima dando origine alla roccia. Un’altra leggenda, legata sempre a questa pietra, narra che, avendo gli Apostoli fame, Gesù ordinò loro di raccogliere alcune pietre dal letto della fiumara “a Principissa” perché le avrebbe trasformate in pane. San Pietro, cedendo alla sua ingordigia, vide un grosso masso dietro la collina e tentò di portarlo nel torrente. Stremato, fu costretto ad abbandonarlo proprio in cima.

 

La Petra da morti (Pietra della morte).

Si trova sulla collina “A Pidi” della frazione Tre Arie. Fu chiamata con questo nome perché pare che un pastore sia precipitato nel tentativo di salvare una delle sue pecore. U Denti da Magara (Il Dente della Maga) È in località Cropani di contrada Falcò. Si narra che il luogo fosse la meta preferita di una “magara” (maga) che lì si recava a filare e tessere. Un giorno un contadino le recò offesa e lei, per tutta risposta, esclamò che per pura fortuna in quel momento teneva stretto in mano un rosario, altrimenti gli avrebbe lanciato una “magarìa” (maledizione). Da allora nessuno osò più passare da lì.

A Petra Scritta (La pietra scritta).

Si trova in località Spilinga. Sulla roccia si intravede un’iscrizione risalente al 1834 che riporta i nomi di due individui, forse briganti, con su scritto “Terno Monimento”. Ci sono anche alcuni graffiti. Si dice che in questo luogo i briganti portassero le persone sequestrate e che nascondessero i soldi del bottino nelle cavità rocciose.

A Timpa Russa (La Cima Rossa).

È un burrone all’inizio del paese. Secondo la leggenda, le venature rossastre della roccia sarebbero le tracce di sangue di due persone morte: un uomo precipitato nel vuoto e una ragazza colpita da un masso mentre lavava i panni. Si dice anche che il luogo è infestato dai fantasmi.

A Petra ‘i San Mauro (La pietra di San Mauro).

In contrada Dedaruti, sopra la località Saramico. La leggenda narra di due fratelli dalle abitudini diverse: Mauro e Saramico. Il primo si sedeva sempre su una roccia che affacciava proprio sul posto in cui usava riposare il fratello. Mauro mangiava i lupini e poi gettava la pellicola sulla testa di Saramico. Ancora oggi si dice che la località Saramico guarda in cagnesco la roccia di San Mauro.

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