Con il nome "caciocavallo" si identifica una delle perle casearie del Sud Italia, un formaggio a pasta filata da latte vaccino. Il particolare nome deriva dall'usanza di appendere a cavallo di una fune queste forme di formaggio per farle asciugare vicino alla stufa. Questo spiegherebbe anche la particolare forma del caciocavallo, con la "testa" intorno a cui si faceva passare il filo.

A Ciminà, in provincia di Reggio Calabria, il caciocavallo si produce da secoli, con il latte dell'antica razza Podolica, considerata a ragione una delle prime razze bovine ad essere allevate. Anche la produzione conserva elementi arcaici. La cagliata viene rotta con un ramo d'ulivo, per poi essere ricomposta manualmente. Questa viene gettata in acqua bollente fino a quando non inizia a filare. A questo punto è il casaro che gli conferisce  sempre lavorandola a mano la caratteristica forma ovale o tronco conica con la "testa". Le forme di caciocavallo a questo punto vengono salate e poi messe a riposare. Dopo il riposo di qualche ora si passa alla stagionatura, nel classico sistema "a calalcioni". Il formaggio che si ottiene alla fine di questo procedimento pesa in media un paio di chili, ha una crosta bianco giallognola mentre la pasta è bianca. E' profumato e gustoso, particolarmente sapido. Ma conserva al suo interno una piacevole morbidezza e sentori erbacei che lo rendono un prodotto unico, estremamente piacevole.

Il caciocavallo si produce in questa zona da tempi lontanissimi, di cui ormai si è persa la memoria. Ciò che è certo, è che il caciocavallo trova il suo antenato nel kaskaval, una pasta filata prodotta ancora oggi dalla Macedonia alle isole dell’Egeo, la cui origine ci porta direttamente alle popolazioni nomadi della steppa. Il latte utilizzato per il caciocavallo è quello delle vacche di razza "Podolica" delle zone pedemontane dell'Aspromonte che utilizzano, al pascolo, la microflora di questo territorio del Versante del Basso Ionio Reggino (a base di sulla e avena, e con integrazioni in stalla di foraggi e concentrati in quantità variabile rispetto alla stagione foraggera). Una particolarità nella produzione di questo formaggio è il fatto che si coagula il latte ancora crudo. Il latte, filtrato e scaldato alla temperatura di 25-30°, viene addizionato con caglio di capretto. Una volta formata la cagliata, lasi rompe con lo spino, che i pastori locali chiamano tuma, fino a formare coaguli grandi quanto una nocciola che si raccolgono e compattano, facendo fuoriuscire il siero. Questa massa viene lasciata fermentare anche più giorni, secondo l'andamento climatico, e poi tagliata a fette e filata nell'acqua bollente. Infine si passano le forme nella salamoia per un giorno circa e si legano a coppie con corde di giunco e vengono appese ad asciugare a cavalcioni della tradizionale pertica.
 

Le caratteristiche

Il caciocavallo di Ciminà viene prodotto con latte intero crudo vaccino per il 90-95% e latte caprino per il restante 5-10%. Ha forma classica del caciocavallo a sfera e peso da 2/3 kg oppure forma a due teste con pezzature di circa 500/600 grammi. Il gusto èsalato tendente al piccante, sempre più piccante con l'avanzare del tempo. La crosta è bianco-giallognola con la superficie rugosa lasciata dalla forma, la pasta è bianca o paglierina con occhiatura scarsa.

La stagionalità

Il caciocavallo di Ciminà si produce tutto l'anno, ma la massima produzione avviene da marzo a giugno. La stagionatura minima è di un mese.
 

L'area di produzione

Comuni di Ciminà, Antonimina, e parte del territorio dei comuni di Platì, Ardore e Sant’Ilario dello Jonio (provincia di Reggio Calabria).

Curiosità

Il nome "caciocavallo" deriva dal fatto che viene posto a stagionare a cavallo di una pertica. Ciminà, invece, deriva dal greco kyminà, cioè il luogo dove abbonda il cumino selvatico, o "ciminaia".