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Capo Bruzzano

Si tratta di un promontorio situato sulla costa ionica della provincia di Reggio Calabria, tra i comuni di Ferruzzano ed Africo, sull'argine destro della fiumara Laverde.

È caratterizzato da uno splendido arenile, da bellissime scogliere, da rocce scolpite dal vento e dal mare che formano suggestive sculture naturali. Nelle sue vicinanze vi sono siti di nidificazione di rare tartarughe Caretta-Caretta. Sulle arcate del ponte nidifica una grossa colonia di Taccole (Corvus monedula).

La spiaggia dell’unico promontorio integro della costa ionica reggina ha l’aspetto di un miraggio cromatico in mezzo a un deserto di sabbia, dove i contrasti non esitano a manifestarsi da ogni angolatura possibile.

Rilievi bassi argillosi a ridosso della spiaggia a Sud fanno da contrappunto alla larga spianata alluvionale costiera a Nord, senza soluzione di continuità; e ancora falesie e scogli a dipingere un litorale alternativamente sabbioso e ciottoloso, reso spettacolare dalle ardite costruzioni in roccia plasmate dal vento e dal mare. Dalla sommità del Capo, a 90 metri, si può abbracciare con un unico sguardo l’ampiezza di questo paesaggio contrastato, dove non mancano elementi tipicamente locali, come la vecchia ferrovia dove ogni tanto ancora passa qualche littorina sbuffante che, vista dalla spiaggia, sembra sospesa nell’aria.

Un’unica distesa di sabbia, finissima e bianca, è in realtà separata da elementi naturali quali falesie e scogli, sì che vengono considerate due le spiagge “falcate” di Capo Bruzzano – tra l’altro profondamente diverse tra loro per morfologia e tipo di ambiente – quella prima e quella dopo la punta del promontorio. Più sabbiosa l’una, con tanto di dune, decisamente rocciosa l’altra. Un vero e proprio tavolato di roccia affiorante, quest’ultima, che crea le famose piscine d’acqua, dette anche “pozze” (da cui il nome di “scogliera delle pozze”), con fondali ricchi di saraghi, muggini e mormore, particolarmente graditi ai sub.

Tra il capo e la “scogliera delle pozze” si estende una lunga parte di litorale dove il tratto più saliente sono le matte di Posidonia oceanica, la pianta marina più significativa dell’habitat jonico. È qui che il verde dominante si eleva come oasi nel deserto, a mascherare la scogliera sottostante, quasi a proteggerla, nascondendola come scrigno prezioso dove trovano rifugio, tra i numerosi anfratti, pesci e molte altre specie di animali di mare.

Alcuni archeologi hanno recentemente scoperto nelle acque di Capo Bruzzano i resti di quello che sembra essere il porto dell'antica Locri. La parte alta del promontorio è di grande valore paesaggistico, affacciata com'è su un mare colore blu zeffiro.

Legambiente ha classificato Capo Bruzzano una delle undici spiagge più belle d'Italia con la seguente motivazione: “A Capo Bruzzano, spiaggia estesa ed incontaminata, incastonata da una splendida scogliera, caratterizzata da un vasto arenile costellato da fiori di mille colori e dal profumo intenso e dalle formazioni rocciose della scogliera curiosamente scolpite, nel corso dei secoli, dalle maree e dal vento” (05-09-2005).

Le località selezionate da Legambiente sono angoli di paradiso ancora incontaminati di un'Italia ricca di tesori paesaggistici sempre più rari. Proprio per questo è d'obbligo una raccomandazione: queste undici spiagge sono luoghi da "maneggiare con cura", evitando quei comportamenti dannosi per l'ambiente cosi frequenti purtroppo sulle spiagge più affollate.

Le tartarughe della specie Caretta caretta parenti strette delle tartarughe terrestri, nuotano nei nostri mari da oltre 200 milioni di anni.

Sono specie in estinzione e quindi protette dalla legge. Le minacce che mettono a rischio la vita delle tartarughe marine sono molteplici. Ogni anno fino a 60.000 esemplari vengono catturati accidentalmente durante le operazioni di pesca professionale. Inoltre, l’intenso traffico nautico, il turismo nelle spiagge dove avviene la deposizione delle uova, l’erosione delle coste e l’inquinamento incrementano sensibilmente il rischio di estinzione della specie.

 

Un po' di storia

Dopo il promontorio di Eracle si trova quello di Locri, detto Zefirio, che ha il porto protetto dai venti occidentali, e da ciò deriva anche il nome.

Segue poi la città (detta) Locri Epizefiri...

(Strabone, Geografia VI, 7)

I coloni greci che fondarono l'antica Locri approdarono dapprima nella baia adiacente capo Zefirio (antica denominazione del promontorio, oggi chiamato capo Bruzzano, che deriva, come ci spiega Strabone, dalla sua caratteristica di proteggere la baia dallo Zefiro, il vento occidentale), per poi spostarsi, dopo alcuni anni, verso nord, dando luogo alla fondazione della città vera e propria sul colle Epopis.
Lo sbarco dei coloni avvenne presso il capo Zefirio probabilmente perché questo, come ci riferisce la tradizione storica, era un luogo utilizzato abitualmente sia da mercanti che da navigatori greci; gli uni lo utilizzavano per scambi commerciali con le popolazioni indigene, gli altri come approdo per una semplice sosta o per rifornimento. Era quindi una zona ben conosciuta dai nuovi arrivati greci. Si racconta anche che il luogo fosse stato indicato dall'Oracolo di Delfi.

I coloni incominciarono ad intrattenere rapporti sempre più stretti con le popolazioni indigene, stipulando con esse anche numerosi patti di pace e incominciarono anche l’esplorazione dei territori più a nord. La loro attenzione si rivolse alla zona costiera che si trovava ai piedi dell’abitato indigeno di Ianchina (che è il nome odierno della zona), molto più fertile e ricco di acque delle colline intorno a capo Zefirio.

Nel nome della città restò il riferimento al luogo dell'approdo; Oi Lokroi Oi Epizephyrioi è infatti una forma plurale, riferita agli abitanti della città, e che può essere così tradotta: I Locresi che abitano presso lo Zefirio.

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