Francesco Cozza Francesco Cozza nasce a Stilo, in Calabria, nel 1605. Non si conosce la precisa data di nascita perchè i libri delle parrocchie di Stilo, anteriori al 1635, furono distrutti durante i numerosi saccheggiamenti subiti dalla stessa cittadina. Il 20 aprile del 1622 lascia la casa del padre Giovan Antonio e sposa Francesca Faggioli, cittadina di Borgo San Sepolcro, più grande di lui di più di dieci anni. A Roma Francesco Cozza è ospitato nei Convento dei Padri Minimi di San Francesco di Paola che avevano l'ufficiatura dell'annessa Chiesa di S. Andrea delle Fratte. Era già entrato nello studio del Domenichino e lo collaborava nelle "sue maggiori decorazioni a fresco" quando dipinse le prime tre lunette "lungo il fianco della Chiesa di S. Andrea". Quella in cui visse ed operò Francesco Cozza è da considerare un'epoca assai importante per l'arte: vi si incontrano le più contrastanti tendenze, i richiami dei michelangioleschi e un'ansia di tornare al senso della natura. Il Cozza, quindi, si ritrova al centro delle tendenze in voga, le unifica, le filtra e le concreta in immagini immerse in un mondo, ora reale, altre volte di sogno. La pittura del Seicento è, per questo, costituita da una trama complessa: la pittura del Reni, vero trionfo della composizione calma, dai colori freddi; la coscenziosità del Domenichino; il sontuoso barocco del Lanfranco e del Berrettini. Il Cozza reagisce alla cultura dominante; lo fa volutamente pur sapendo di rimanere fuori dallo studio di artisti che avevano aderito al programma del nuovo ed imperante stile. Nella bottega di Domenico Zampieri concepisce, sullo stile del maestro, le sue prime opere e apprende gli stilemi tipici dell'arte del bolognese. Ne viene subito fuori una personalità originale e autoritaria e talvolta addirittura in contrasto con la pittura del Domenichino. Il periodo che coincide con la dimora di Francesco Cozza nel convento dei Minimi registra il momento iniziale della sua cultura pittorica, fondamentalmente bolognese, e l'inizio dello svolgimento del suo stile, le cui tappe sono avvicinabili ognuna ad un pittore diverso: il Sassoferrato (opere giovanili), il Lanfranco (opere mature), il Preti (opere tarde). Dal novembre del 1630 mancava da Roma il Domenichino che avendo raggiunto il massimo pregio dell'arte nei suoi dipinti era stato chiamato a Napoli a dipingere nel Duomo la Cappella del Tesoro. Nel frattempo il Cozza, rimasto a Roma, si adoperava a completare la Virtù della Temperanza lasciata incompiuta dal suo maestro in San Carlo ai Catinari.
Giovanissimo entra a far parte dell' Accademia di San Luca che
ormai era diventata il centro di cultura artistica per eccellenza. Nel
1637 si reca anche lui a Napoli, al richiamo del Domenichino. La parentesi napoletana del Cozza rappresenta un momento assai importante per tutta l'arte
meridionale; si scoprono autentiche affinità con altri pittori già a
Napoli in quel periodo (Domenico Cerrini e Fabrizio Santafede), ma in
modo particolare una palese "assonanza di sentimenti e di modi" con
Pacecco De Rosa. Il 15 aprile del 1641 muore a Napoli il Domenichino,
che non si era mai stancato di fare insegnamenti ai "suoi" giovani e
scelti discepoli. |
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Diviene Sindaco dell'Accademia di San Luca nel 1664 e poi Deputato per gli infermi nel 1669 e ancora è Deputato alla questua dai 1671 al 1770. È presente nella Congregazione fino al 1681. Sposa Cecilia Bernardi di Roma a cui dedica, successivamente, un nobile ritratto, come citano le fonti. L'ultimo ventennio della vita del pittore si arricchisce sempre di più di elementi nuovi o fino ad allora poco sviluppati, non solo di ordine tipologico ma anche stilistico. L'idea compositiva del pittore si perfezionava quasi sempre partendo dal bozzetto, soprattutto quando era chiamato a realizzare grandi composizioni su superfici da affrescare. Talvolta sperimentava sul bozzetto persino i colori che doveva usare poi sul lavoro conclusivo, per verificare l'effetto cromatico. L'uso appropriato dei colori è infatti l'elemento essenziale che si coglie nelle opere dell'età matura del Cozza. Le esperienze ultime del Cozza sono improntate quasi tutte a questo stile, sia quando crea rappresentazioni a sfondo religioso sia nell'elaborazione di formule allegoriche. È la grande capacità e sapienza di utilizzare la luce, a caratterizzare e qualificare i dipinti dell'ultimo decennio di Francesco Cozza.
Muore l'11 gennaio del 1682 e viene
seppellito nella Chiesa dei Padri di S. Agostino di Roma, accanto alle
spoglie dell'amata Francesca Faggioli, soddisfando così una sua precisa
volontà testamentaria. Se c'è un aspetto dell'arte del Cozza che finora
non è emerso del tutto è la vastità della sua opera. Tra le sue opere emergono, oltre alla già citata Madonna del Riscatto, la Madonna col bambino tra i Santi Gioacchino e Anna, il Ritrovamento di Mosè e la Fuga in Egitto. |