Francesco Genovese

Francesco Genovese

 

 

Fra le figure più eminenti che si sono interessate ed hanno dato un contributo fondamentale allo studio della malaria e nella difficile lotta contro di essa, spicca senza dubbio quella del dottor Francesco Genovese. Egli, infatti, riconosciuto come uno dei più valenti, più colti e modesti malariologi italiani, ancora oggi, ad oltre 50 anni dalla sua scomparsa avvenuta il 29 aprile 1945, è ricordato, nelle sedi più qualificate e competenti con affetto, gratitudine e ammirazione come uno degli studiosi di maggiore prestigio per il contributo scientifico e pratico offerto durante la sua intera esistenza per il quale gli fu conferito anche un Attestato di Benemerenza da parte della Società per gli Studi della Malaria nel 1909. Per illustrare il personaggio non c'è migliore modo che utilizzare le parole espresse nei suoi confronti da un altro insigne studioso e famoso meridionalista, Umberto Zanotti Bianco, in occasione del suo intervento In memoriam di Francesco Genovese

Francesco Genovese
Francesco Genovese

    Nato il 20 luglio del 1873 a Caulonia, Francesco Genovese compì i suoi primi studi nel Collegio Arcivescovile di Bova e quelli superiori a Napoli, ove si laurea in Chirurgia e Medicina nel 1898. Un corso di perfezionamento lo pose a contatto con l'apostolo della profilassi clinica Angelo Celli, al quale rimase legato da indissolubile amicizia. Vinto il concorso per la condotta medica di Caulonia, si diede con grande abnegazione alla lotta antimalarica dapprima nella zona di Focà (dal 1902 al 1918), e, dopo la prima guerra mondiale, quale Ispettore per i congedati malarici per le province di Reggio Calabria e di Messina alle dipendenze della Croce Rossa Italiana. Nel 1938, non più consentendolo la sua salute, si ritirò dalla vita militante: ma continuò con i suoi studi e con il suo consiglio a dirigere la battaglia che fu lo scopo di tutta la sua vita. Ancora nel 1940 si era prodigato per líapertura a Caulonia di quella Colonia Provinciale Antimalarica che oggi è diretta da suo figlio. Amico e guida di quei pochi, da Norman Douglas a Giuseppina Le Maire, che vennero in Calabria attratti dalla sua austera bellezza, fu sempre pronto, ad ogni richiamo, a rispondere all'appello del dovere. Allorquando nel 1922-23 il villaggio di Ferruzzano ove la nostra Associazione per il Mezzogiorno possedeva due case per bambini fu colpito da violenti febbri, noi pregammo il dottor Genovese di voler recarsi sul posto e di additarci le cure necessarie. Ed egli accorse, visitò i malati, la plaga circostante l'abitato e resosi conto dell'origine del male propose all'Associazione i rimedi per combatterlo.

Lo stesso Zanotti Bianco nella circostanza, dopo avere riportato il testo di una lettera ricevuta da Francesco Genovese e contenente sincere ed accorate espressioni di grande attaccamento alla sua terra ed al popolo calabrese per le vicende che aveva dovuto subire e che sembrava dovesse continuare ad affrontare, ha ritenuto di poter ulteriormente evidenziare

    questa lettera ricevuta da Caulonia -oggi tristemente famosa- nella seconda meta del '44 alla ripresa delle comunicazioni tra Roma ed il Sud d'Italia ben riflette lo spirito di antico saggio del suo autore, il Dr. Francesco Genovese, uno degli uomini che hanno maggiormente onorato la Calabria in questi ultimi lustri. I suoi studi, la sua azione furono interamente volti a mettere in luce e combattere il terribile flagello della malaria imperante tragicamente sulla Costa Ionica, un giorno sede delle scomparse città della Magna Grecia: e studi ed azione contribuirono a formare la dolente visione della storia e della sua terra.

Infine come conclusiva sottolineatura dei sentimenti che animavano Francesco Genovese è sufficiente riportare testualmente le parole da Lui scritte dallo stesso Zanotti Bianco con le quali formulava alcuni quesiti e considerazioni fondamentali, quanto mai attuali ancora oggi, da cui traspare evidente la sensibilità, la preparazione scientifica e la capacità intuitiva tipiche del personaggio che gli avevano consentito di poterli proporre con tanta pertinenza ed anticipazione

    Come dovevano e potevano progredire queste popolazioni in uno stato di malattia e di mortalità stagnante ? Allorché gli storici rivedranno la storia di Calabria con criteri meno politici, e meno guerreschi, tenendo invece presenti gli umili dati bruti della vita umana, quali ci sono rivelati dai libri parrocchiali, forse troveranno la ragione di parecchi inspiegabili avvenimenti, conquiste senza reazione (si faceva più presto a vincere che a correre), prepotenze baronali tacitamente subite per secoli, vessazioni fiscali e intemperanze ecclesiastiche accettate con supina e desolata rassegnazione. Se i corollari della lotta contro la malaria sono molto semplici (impedire le recidive e difendersi dalle zanzare) in teoria, immensamente aspra e difficile in pratica è la lotta contro questo morbo secolare, qui installatosi e non per colpa nostra. Come già dicemmo, la coscienza nuova, animatrice di questa lotta, deve venire dal medico e dall'educatore, giacchè proprio noi medici e maestri siamo i naturali avversari dell'errore, del pregiudizio e della cattiva abitudine. Orbene a noi è affidata, insieme con la lotta contro l'ignoranza, la lotta contro la malaria, lotta che deve essere condotta con spirito di sacrifizio, in solitudine e con la più pura fede del successo. Senza fede nessuna vittoria è possibile, e senza di essa, nessun apostolo troverà, nè trovò mai dei credenti.
    La vittoria sarà nostra!