Altitudine

7 m slm

Superficie

25,75 Km2

Abitanti

12.488

Densità

484,87  ab/Km2

CAP

89044

Nome abitanti

locresi

Santo patrono

Santa Caterina d'Alessandria

Giorno festivo

25 novembre

 

 

 

Erede dell'antica Locri Epizefìri, i cui resti si estendono, pochi chilometri a sud-ovest dell'attuale nucleo abitato, tra il litorale e le colline dell'immediato entroterra, la cittadina fu fondata come colonia dai greci della Locride nel 673 a.C. e raggiunse il massimo splendore nel V secolo a.C. Nell'antichità era famosa per la sua legislazione, attribuita a Zaleuco e fortemente conservatrice, per la "prostituzione sacra", ricordata dagli scrittori antichi, una pratica legata al culto di Afrodite, e per l'artigianato di lusso.

Locri Epizephyri, fondata presso il Capo Zefirio (attuale Capo Bruzzano) da coloni provenienti dalla Locride, regione della Grecia centrale, ebbe notevole sviluppo economico, culturale ed artistico, con caratteristiche del tutto peculiari che ne fecero una delle principali città (polis) della Magna Grecia.

Le leggi tradizionalmente attribuite al locrese Zaleuco rappresentano il codice forse più antico del mondo greco, espressione di una struttura sociale di impronta rigidamente aristocratica.

I locresi fondarono due subcolonie sul versante tirrenico, Medma (attuale Rosarno) e Hipponion (oggi Vibo Valentia), affrontarono guerre con le limitrofe città di Reggio e di Crotone , vincendo sul fiume Sagra (550 a.C.). Dal V sec. a.C. i locresi ebbero ripetute alleanze con Siracusa, soprattutto al tempo dei tiranni Dionigi il Grande e Dionigi II, da cui ottennero altre colonie come Kaulon e Skylletion (Squillace) . La cacciata di quest'ultimo da Locri (347 a.C.) segnò l'introduzione di un regime democratico moderato. Ci sarà un periodo di dominazione dei Brutii, alternato a liberazioni da parte dei Siracusani.

Conquistata da Annibale nel 216 a.C., passò ai romani nel 205 a.C. e divenne municipium nell'89 a. C. Attraversò un periodo di declino, da cui si risollevò solo in parte in età imperiale.  ebbe inizio l'organizzazione latifondista delle proprietà nel territorio, con la fondazione, e l'ampliamento, dei nuclei originari di quei complessi agricolo-artigianali-residenziali che furono le ville ben presenti nel territorio locrese.

Divenne poi sede di diocesi e tra il VII e l'VIII sec. d.C. fu progressivamente abbandonata dagli abitanti che diedero vita a Gerace, situata nell'entroterra in posizione dominante e ben difendibile dagli attacchi dei saraceni.

Nell'Ottocento, la ripresa del popolamento lungo la costa diede vita al nuovo centro di Gerace Marina che, nel 1934, venne ribattezzato Locri. A Locri è stato riconosciuto il titolo di Città con decreto del Presidente della Repubblica del 14 marzo 2002.

Il primo assetto urbanistico di Locri aveva una struttura a scacchiera ortogonale.

Nell'immediato dopoguerra l'aumento di nuove costruzioni ha determinato una trasformazione del nucleo abitato che ha superato i limiti della zona originaria e si è sviluppato lungo il litorale jonico denominato "Costa dei Gelsomini". A sud della città si trova la vasta area archeologica dell'antica Locri Epizefiri, meta ogni anno di numerosi visitatori.

All'ingresso dell'area degli scavi si trova il Museo archeologico, che raccoglie interessanti reperti, fra cui la notevole serie delle tavolette votive in terracotta dipinta, destinate al culto di Persefone, del V secolo a.C.

Nell'area della città antica non si è sovrapposto un abitato moderno, e ciò ha facilitato le ricerche archeologiche fanno di Locri Epizefiri uno dei centri magnogreci meglio conosciuto e studiati. I reperti degli scavi locresi sono esposti nei due musei di Reggio Calabria e Locri. La città occupava un'area molto estesa (circa 1 km x 2,5 km verso l'interno) che, a partire dal VI sec.a.C., fu difesa da una cinta muraria dal perimetro di circa 7 Km. Come è consueto nel mondo greco, all'esterno della cinta muraria si estendevano le necropoli, la cui esplorazione (soprattutto in contrada Lucifero) ha fornito importanti dati sui rituali funerari e sulla società locrese. Il settore pianeggiante della città fu organizzato sin dall'età arcaica con un impianto urbanistico regolare caratterizzato da una fitta serie di strette strade (stenopoi) parallele e rettilinee, disposte da monte verso mare per facilitare lo scorrimento delle acque piovane, tagliate ad angolo retto da poche grandi arterie (plateiai), una delle quali larga ben 14 m. Gli isolati di forma rettangolare assai allungata (che ricorre anche in altre città magnogreche le quali fin dall'età arcaica elaborarono i primi esempi di organizzazione urbanistica del mondo greco) furono suddivisi in lotti occupati dagli edifici privati.

Centocamere

lo scavo di Centocamere ha fatto conoscere bene le case locresi e varie officine artigianali per la produzione di manufatti in terracotta. Era probabilmente situata nel settore centrale della città, ma non è ancora stata localizzata, l'agorà, la grande piazza che in ogni polis greca era il centro della vita associativa, politica e mercantile.

Teatro.

Lo scavo ha riportato in luce, vicino casa Marafioti, un teatro costruito alla maniera greca,  ai piedi delle colline, adattando una concavità naturale dotata di un'eco che facilitava l'ascolto durante le rappresentazioni.

La gradinata era divisa in sette cunei (kerkìdes) mediante 6 scalette (klimakes). Una partizione orizzontale (Diazoma) separava le gradinate più altre (epitheatron) oggi rovinate.

La pianta, a ferro di cavallo, ricorda il primitivo impianto greco, della seconda metà del IV° a.C., anche se l'edificio subì ristrutturazioni in età romana (I° d.C.), come la realizzazione delle parodoi, del piccolo ambiente al centro dell'ima cavea e l'innalzamento di un muro di protezione per gli spettatori, intorno all'orchestra, necessario ai nuovi spettacoli solitamente propri degli anfiteatri (giochi gladiatori, venationes ecc.).

Si pensa che il teatro servisse anche per riunioni politiche.

Santuari di Locri

Il notevole numero di santuari finora identificati a Locri Epizefiri riflette la complessità e l'articolazione del mondo religioso locrese. La maggior parte delle aree sacre si dispone in prossimità della cinta muraria, quasi a formarne una protezione sacrale: i santuari all'interno delle mura furono dotati di edifici templari monumentali, mentre altri santuari situati immediatamente all'esterno delle mura presentano un aspetto meno monumentale anche se la popolarità e l'importanza di tali culti sono spesso dimostrate dall'abbondanza delle offerte votive.

Santuario in contrada Marasà.

Si tratta del tempio più monumentale di quelli locresi, sito a monte museo, presso le mura. In origine constava di una semplice cella rettangolare (fine VII° a.C.), poi completata, alla metà del VI° a.C., con l'aggiunta del colonnato; verso il 480 a.C. al posto del primitivo edificio sorse un nuovo tempio (45 x 19 m ), con diverso orientamento, di ordine ionico, con sette colonne sui lati corti e 17 su quelli lunghi, di cui resta in loco ancora un rocchio con la base. Alla fine del V° a. C. appartiene la decorazione frontonale (o acroteriale) con le statue marmoree dei due Dioscuri ivi rinvenute, oggi al Museo Archeologico di Reggio Calabria; ad est si trovano tracce dell'altare.

Al tempio ionico di Marasà è stata attribuita una delle più alte creazioni artistiche della scultura della Magna Grecia, il famoso "Trono Ludovisi", rinvenuto nei Giardini Ludovisi a Roma e conservato al Museo Nazionale Romano.

Trono LudovisiTempio di Casa Marafioti

Nei pressi del teatro, in vicinanza di casa Marafioti, sorgeva un tempio dorico, testimoniato in una stampa del 1781, poi indagato dal Luynes nel 1830: a seguito di questo scavo, i blocchi messi in luce furono asportati. Scavato ancora da Paolo Orsi nel 1910, ne rimangono pochi frammenti dei capitelli e del fregio (540-520 a.C.). Le terrecotte architettoniche esposte oggi al Museo di Reggio Calabria e la statua acroteriale fittile del cavaliere (Dioscuro?), sostenuta da una Sfinge, appartengono invece alla fine del V° a.C. Il tempio era dedicato a Zeus, come si evince dal preziosissimo archivio di tavolette bronzee, ritrovato in una vicina teca in pietra, con la registrazione della contabilità del santuario.

Tempio di Afrodite

All'esterno del braccio di mura che corre parallelo alla linea di costa, in prossimità dell'abitato di Centocamere , sorgeva un complesso cultuale incentrato sulla cosiddetta "stoà ad U" ed un piccolo tempietto (sacello). La divinità venerata era Afrodite, e data l'ubicazione in prossimità del mare e nelle vicinanze di un probabile approdo dei due edifici, si può pensare ad un culto della dea come protettrice dei naviganti e del mare.  

Essa consta di una serie di ambienti accostati in modo da formare una "U" e dotati di un portico antistante che va ad affacciarsi su un ampio cortile centrale.

La stoà conobbe due fasi costruttive, una databile alla fine del VII-inizi del VI sec. a.C. ed una collocabile alla metà del VI sec. a.C., ed ebbe vita sino alla metà del IV sec. a.C., tanto che la ricostruzione ellenistica delle mura comportò l'eliminazione della rientranza che in età arcaica era stata realizzata nel percorso delle mura per rispettare la stoà stessa.  

Oltre ad offrire riparo ai pellegrini, tale edificio era utilizzato, più che per l'esercizio della prostituzione sacra, come alcuni studiosi avevano proposto, per cerimonie sacre che prevedevano dei banchetti comuni: resti di pasto e frammenti di ex-voto dedicati in quelle stesse occasioni sono stati rinvenuti nelle piccole fosse (bothroi) scavate in gran numero (quasi quattrocento) nell'area del cortile centrale. 

Dopo la metà del IV, al di sopra del sacello, venne costruito un nuovo edificio, denominato "casa dei leoni" per via del rinvenimento di eccezionali lastre di gronda in calcare con gocciolatoio a testa di leone ora esposte al museo di Locri. Essa è stata interpretata come sede di un culto ad Adone e, contemporaneamente, residenza delle sacerdotesse che a tale culto erano votate.

Santuario di Persefone

All'esterno delle mura, tra i colli di Mannella e Abbadessa, si trova il celebre Persephoneion, definito da Diodoro Siculo (I° a. C.) « il più illustre santuario dell'Italia». Paolo Orsi tra il 1910 e il 1912 mise in luce i resti di un piccolo edificio (ca. 400 a.C.) che sorgeva su un terrazzo trapezoidale più antico (100 x 40 m), costruito nella seconda metà del V° a.C.; nelle immediate vicinanze rinvenne uno dei depositi votivi tra i più ricchi della Magna Grecia: da qui provengono, oltre a varie ceramiche e terrecotte, i famosi pinakes (tavolette di terracotta, decorate a rilievo, con scene del mito di Ade e Persefone), rinvenuti a migliaia; tutto il materiale copre un arco di tempo che va dal VII° al II° a.C. ed è in gran parte custodito al Museo di Reggio Calabria.

Santuario delle Ninfe di Grotta Caruso.

Immediatamente fuori dall'abitato, nei pressi del vallone Caruso-Polisà, nel 1940 Arias identificò ed esplorò una grotta, oggi purtroppo franata, scavata nel tufo, comprensiva di un bacino e sistemi di canalizzazione delle acque. Il materiale votivo, compreso tra V° e III° a.C., testimonia che il santuario era dedicato alle Ninfe, ma anche a divinità pastorali e ad Afrodite; singolari, oltre alle statuette, i modellini fittili di grotte-ninfeo, qui rinvenuti.

Necropoli.

Le necropoli greche sono situate tutte al di fuori del circuito murario, nelle contrade Parapezza, Mona ci e Lucifero; quest'ultimo è il sito più conosciuto: tra il 1910 e il 1915 Paolo Orsi scavò oltre 1700 tombe, che vanno dal VII° al II° d.C., con una prevalenza numerica tra V° e IV° a.C.. Le necropoli romane, poiché relative ad un insediamento più contratto, occupano anche zone interne alle mura, evidentemente non più abitate; tra i materiali, ricordiamo il sarcofago di C. Ottaviano Crescente, dalla contrada Saletta, consenato all'Antiquarium (ca. 200 d.C.).

Villa tardoantica.

A sud-ovest del circuito murario, in località Quote S. Francesco, in proprietà privata, sono visibili gli imponenti ruderi (alti anche 4-5 m) di quella che, alla luce di recenti ipotesi, sembra essere una villa tardoantica, del tipo a torri angolari, con i resti di un impianto termale (V°-VIII° d.C.).

Officine Meccaniche Calabresi

Le omc (Officine Meccaniche Calabresi) era una industria che attraverso il suo fondatore Ing. Vincenzo Bruzzese era diventata un'azienda di primissimo ordine nel meridione. La sua produzione attraverso le proprie fonderie era in grado di competere per qualità/prezzo, con tutte le industrie del nord.

Non a caso fu dichiarata dall'allora Governo Mussolini," Industria ausiliaria dello Stato di 1° grado" la sua produzione consisteva in una molteplice di prodotti, dalla metallurgica ai pezzi di ricambio per auto e per industrie, motori diesel, motori a benzine, gruppi elettrogeni, attrezzi di precisione per officine, produceva altresì ghisa alluminio rame e quant'altro.

Era anche pronto un progetto per la costruzione di un motore per aereo da prodursi in serie ma il vanto della produzione erano le moto da 175 cc. sport che in pochi mesi dalla produzione si stavano imponendo su tutto il mercato, tanto che l'azienda si stava concentrando in particolare sulle motociclette. In questa industria lavoravano circa 250 dipendenti, di cui il 10% proveniente dal nord. Il merito era tutto del giovane Ingegnere di Grotteria (RC) che all'età  soli di 27 anni, dopo aver diretto in qualità  di Direttore tecnico la Diatto di Torino, (una fabbrica locomotori di treno) decise di fondare le omc nella sua Locride. Purtroppo la fabbrica nel pieno del suo sviluppo per le invidie delle baronie e per altre congiure contro il costruttore, fu fatta una campagna ostile fino al punto di farla fallire. Fu persa così per l'intero meridione ed in particolare per la Calabria, una grande opportunità  di sviluppo!.

 

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