Altitudine

138 m slm

Superficie

15,73 Km2

Abitanti

3.511

Densità

223,2  ab/Km2

CAP

89040

Nome abitanti

monasteracesi

Santo patrono

Sant'Andrea Avellino

Giorno festivo

10 novembre e 12 maggio

 

 

 

Monasterace è una cittadina situata lungo la costa jonica della Calabria, nei pressi di Punta Stilo.

Monasterace si trova all'estremità nord della Locride, tra la provincia di Reggio Calabria e Catanzaro. Si divide in Marina e Superiore. Nella zona marina del paese si trovano i resti dell'antica Kaulon, fiorente colonia della magna grecia costretta a contendere i mercati a due più grandi potenze (Kroton e Lokroi, essendo situata tra le loro zone di influenza) e minacciata da nemici esterni, come i siracusani, che l'assediarono e distrussero. Nella zona superiore del paese, sulla cima di una collinetta sorge il piccolo Borgo medioevale, dove si possono ammirare opere architettoniche tra le più importanti della Calabria.

Monasterace è quindi uno dei pochi paesi della Calabria ad avere due originii: magno greca e medioevale.

Il toponimo sembra derivare dal sito di un grande monastero forse appartenuto ai Cavalieri di Rodi e poi di Malta.Qualche autore fa risalire l'abitato alla ellenica Mistria.

Sull'origine del nome ci sono due ipotesi. La prima farebbe derivare il nome dal greco monasterachion, diminutivo di monasterion (convento, monastero). La seconda considera il nome diviso in due parti: la prima, per convinzione di molti, è costituta da "monte" e la seconda "race" o "strace". Le origini di Monasterace si fanno risalire al periodo successivo la distruzione della città di Caulonia e dei villaggi alla stessa collegati. Le residue popolazioni si ricostituirono in villaggi nello stesso territorio secondo le affinità generazionali e in luoghi elevati del terreno per non essere infetti dal plasmodium. Si ha notizia dagli storici latini che i villaggi costituitisi dopo la distruzione di Caulonia furono nel territorio nominati con termini latini: Mjstrae, Consilium Castrum e Cocitum. Plinio, parlando di Consilium le dà sito vicino a capo Stilo: e tal è Monasterace. Il nome Consilium Castrum rimane almeno fino a quando la potenza di Roma rimase integra. Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, decadde anche l'unità della lingua latina. Con l'affermarsi del volgare rustico al termine Consilium Castrum fu dato quello di Monte Arachi che vuoi designare Monte Veccia, cioè Monte produttore di veccia, intendendo paese produttore di leguminose. I due termini di Monte e di Arachi, con il tempo, si fusero, si integrarono, divenendo un solo nome: Montarachi ovvero Monasterachi Monasterace. Questo nome cadde in disuso da quando i Cavalieri di Rodi non assunsero la Signoria del paese e del suo territorio e questo accadde nel lontano 1113.

Da quel tempo, fu attribuito al paese il nome di Rubbiano. Il nome di Monte Arachi fu ripreso ad essere usato per designare il paese dopo la partenza dal luogo dei Cavalieri di Rodi. Successivamente assunse il nome di Montstarchi. Dalla ricerca effettuata intorno a tal nome, si è trovato che la seconda parte dello stesso ha il significato di "spiga del grano". Il nome è di origine greca: "Stachis". Con tal nome si voleva significare che Montstarchi fosse un paese produttore di grano. Nel 1783 si ritrova il nome definitivo di Monasterace.

L'agglomerato primitivo si sviluppò su un poggio, un punto alto lontano dalle zone paludose portatrici di malaria e soprattutto dagli attracchi saraceni.

Il castello

Con il passare del tempo l'esigenza di un riparo sicuro si fece sempre più sentire e sotto i bizantini furono edificate le mura di cinta e il castello (X-XI secolo).

Il centro del paese fu poi sgombrato dalle case dei contadini per dare spazio necessario alla costruzione del castello e apprestare un nuovo sistema di difesa contro i Turchi.

Il castello nel corso degli anni subì ampliamenti, manipolazioni ed anche ricostruzioni a seguito soprattutto dall'avvento delle armi da fuoco e del degrado apportato dall'assalto predatorio d'incursori e di terribili sismi. L'attuale struttura risale al Cinquecento.

 Il castello è a forma quadrata, il piano base è elevato dal terreno dagli otto ai quindici metri a seconda del dislivello del terreno. Gli angoli del castello sono rinforzati da quattro torri a forma di parallelepipedo a base rettangolare. 
All’interno vi è un ampio cortile, al centro del quale vi è una profonda ed ampia cisterna che serviva per accogliere l’acqua piovana attraverso un sistema di tubature. È privo di merlatura per i danni subiti nel corso dei sismi del 1659 e del1783 non più ricostruiti perché ritenuti inutili per i nuovi sistemi di difesa.

Nel suo insieme il castello è costituito da un piano terra e un primo piano, vi si accedeva mediante un ponte levatoio. Attualmente unisce il castello un breve ponte in muratura. L’entrata è stretta perché sono stati costruiti corpi aggiunti. Nel sottosuolo esistono alcuni vani che successivamente sono stati trasformati in ambienti abitativi dagli ultimi proprietari.

All’entrata esterna corrisponde un’altra entrata che permette di accedere al piano superiore. A sinistra dell’entrata vi è una vecchia porta che permetteva di scendere attraverso due rampe di scale nella parte bassa del castello costituita da quattro cunicoli comunicanti con l'esterno, uno di questi, il più lungo, comunicava con la zona presso il mare non lontano dal Faro Punta Stilo. I cunicoli , quindi, avevano lo scopo di permettere ai contadini di ripararsi nel castello in caso di attacchi dei Saraceni e dei  Turchi.
L’allarme avveniva per mezzo di segnalazioni tra gli uomini di guardia sulle torri del litorale  e le guardie all'erta sulle torri del castello. I cunicoli servivano inoltre per deposito di riserve alimentari e per alloggi delle guardie del feudatario.

Fino a pochi anni fa esisteva una scala a chiocciola che permetteva di comunicare con l'interno e con l'esterno del castello. Ora la porta è murata.

Nell’angolo nord-ovest vi era un'ampia stanza isolata, una piccola feritoia nel muro esterno appena sotto il pavimento, faceva entrare un po’ d'aria e luce in  quel locale adibito a prigione dove i cittadini ribelli nei confronti del Signore venivano fatti precipitare e lì, lasciati morire di fame e di sete.

Attualmente si presenta manipolato e degradato ma comunque possente e maestoso.

La colonia achea di Kaulonia fu probabilmente fondata alla fine dell'VIII secolo a. C.. Si trovava presso il confine tra il territorio di Crotone, sotto il cui dominio stava, con quello di Locri. Era un fiorente centro d’esportazione di legname adatto all’industria navale. Il nome è, secondo il mito, legato al nome di Kaulon, figlio dell’Amazzone Clete fondatrice della città e capostipite della stirpe delle regine che su essa avrebbero regnato fino alla conquista crotoniate. L’episodio più noto della storia di Kaulonia è quello dell’assedio di cui fu vittima nel 388 a.C. ad opera di Dionisio il Vecchio tiranno di Siracusa: pur beneficiando dell’aiuto della lega Italiota e di Velia in particolare, Kaulonia fu distrutta l’anno seguente, ed il suo territorio strappato a Crotone e ceduto a Locri fedele a Siracusa. Ricostruita da Dionisio il Giovane, fu in seguito presa dai Campani di Reggio (280 a.C.); infine, difesa nel 209 a.C. da Annibale contro i romani, fu da questi ultimi conquistata nel 205 a.C. Da allora la città non fu più praticamente abitata, e rimase solo una piccola stazione sull’itinerario costiero.

Dell’antica città greca rimangono resti di abitazione messi in luce presso il faro di Punta Stilo, e delle fortificazioni con resti di torri e porte; inoltre resti di un santuario a m 200 a SO delle mura sul colle della Passoliera, donde proviene una serie di terrecotte architettoniche della fine del VI sec. a.C. oggi conservate nel Museo di Reggio, ed anche ceramica greca della fine dell’VIII sec. a.C. Il monumento più importante è il tempio dorico, che si trova a circa m 150 dal mare, in prossimità del faro di Punta Stilo (a circa m 500 dopo il paese): aveva 6 colonne in fronte e forse 14 sul lato, copertura del tetto in marmo pario, ed è databile alla metà del V sec. a.C..

La scoperta di Kaulonia sul territorio dell'odierna Monasterace Marina è merito dell'archeologo di Rovereto Paolo Orsi che, durante la campagna di scavi eseguita tra il 1912 e il 1915, ha definitivamente confutato l'ubicazione presso Castelvetere (che ha assunto erroneamente il nome di Caulonia).

Mosaico dell'antica KaulonNel IV secolo a. C. a Kaulonia fu battuta la prima moneta del tipo "statere incuso", tra le più antiche della Magna Grecia. Quasi sempre è raffigurata una figura maschile nuda, dai lunghi capelli, che sembra procedere verso destra. Sul braccio sinistro teso in avanti c'è una figura più piccola. Accanto un cervo con la testa rivolta all'indietro. Su un lato si nota la scritta in greco Kaul.

Nell'impianto di un'ampia villa romana sita a nord del Tempio dorico è stato rinvenuto un bel pavimento musivoraffigurante un drago fiammeggiante esposto ora nel Museo Archeologico di Reggio Calabria che altre relique del luogo conserva come anche il Museo di Crotone.

La battaglia di Punta Stilo

Davanti al promontorio di Punta Stilo il 9 luglio 1940 ci fu uno scontro a fuoco tra una flotta italiana e una inglese. Il gruppo di navi italiane, provenienti da una scorta a un convoglio in Libia, venne a sapere che la Mediterranean Fleet stava tentando di intercettare la loro formazione sulla via del rientro. L'incontro avvenne 60 miglia a sud-est di Punta Stilo. Ci furono una serie di attacchi aerei andati a vuoto, scontri tra incrociatori e scambi di colpi di grosso calibro tra le corazzate. Uno di questi colpì la Cesare che, a causa dell'arresto di quattro caldaie, dovette ridurre la velocità. Il comandante italiano, dunque, si sentì obbligato a interrompere il contatto per non lasciare l'altra corazzata, il Cavour, da sola contro un nemico con forze superiori. Anche il comandante britannico decise di desistere perché preoccupato per i possibili attacchi aerei e dei sommergibili.

Alla Marina è stato elevato un monumento, che rappresenta la prua di una nave che sta affondando, per ricordare questa battaglia.

 

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