A Bivongi, dove la vita è più lunga tra i centenari che bevono vino

 

In auto a 102 anni - Vincenzo Valenti ha festeggiato i suoi 102 anni guidando un’auto d’epoca. Con lui Nicola Calabrese, morto a 104 anni lo scorso maggio. Fino all’ultimo giorno ha lavorato in campagna e con il vimini

Ai bivongesi piace raccontare che i loro vecchi non vanno mai in pensione e lavorano sempre, specie nell’agricoltura. Contadini, con il cappello di stoffa pesante in testa, che sia inverno sia d’estate, come usava un secolo fa, si abbarbicano solitari sulle campagne a parlare con i loro ulivi, cortecce centenarie che gli assomigliano e a cui confidano i propri pensieri. Il sindaco di Bivongi, Felice Valenti, li guarda, mentre si inoltrano, con un sorriso di ammirazione per quella cocciutaggine tipicamente calabrese: «Vanno a controllare la proprietà, come nel libro di Verga sembrano sussurrare “Roba mia vienitene con me”». 

Come eroi sportivi  

A Bivongi i centenari si portano in piazza come antichi eroi sportivi. Una settimana fa hanno organizzato un convegno, «Il borgo della longevità», per sfoggiare l’orgoglio di questo paesino della provincia di Reggio Calabria che sta attirando studiosi e ricercatori per capire quale sia il segreto dietro ai numeri: 14 centenari viventi negli ultimi cinque anni, e 42 persone con oltre 90 anni. Ma i record, si sa, sono lì pronti per essere smentiti e le statistiche sono sempre esposte a quella piccola, non trascurabile variabile finale che può capovolgere ogni classifica anagrafica. I bivongesi hanno seppellito sette dei 14 concittadini ultracentenari, ma a 99 anni altri due si godono l’attesa. Di paesi dei centenari sono zeppe le cronache. C’è il comune laziale di Campodimele che dopo aver raggiunto fama mondiale nel 2000 vide crepare tutti i propri centenari, al punto che gli abitanti si convinsero che fosse stata colpa dell’eccessiva esposizione mediatica: «Lasciateci in pace - gridarono - Ogni volta che vi occupate di noi succede qualcosa».  

La festa collettiva

A Montemaggiore Belsito, nelle Madonie, un anno fa arrivò Rai 1 per raccontare la festa collettiva degli arzilli giovanotti che avevano passato il secolo. In Sardegna poi l’elisir di lunga vita è acqua di sorgente naturale. Il 21 agosto la famiglia Melis di Perdasdefogu è entrata nei guinness con otto fratelli viventi, per un totale di 745 anni. Ma Bivongi vince sulle proporzioni: è il paese con più centenari rispetto alla popolazione, 1.300 abitanti: una media dello 0,13 per cento rispetto allo 0,037 della Calabria e lo 0, 035 dell’Italia. Vincenzo Valenti quando ha festeggiato i centouno anni, l’anno scorso, è arrivato in piazza su un’auto d’epoca con il suo amico e coetaneo Nicola, che oggi purtroppo non c’è più. 

Gli studi

Il ceppo Valenti è uno dei più studiati. Già tra il 1600 e il 1700 i suoi avi raggiungevano età comprese tra gli 80 e i 90 anni. Tra chi cerca di carpire della longevità c’è anche un compaesano, Egidio Melia, primario di neurogenetica a La Plata, Argentina, dove vive la comunità di bivongesi più numerosa del mondo. Le sue ricerche si sono allargate anche al morbo di Alzheimer che qui è un condanna ereditaria di alcune famiglie. Due anni fa il National Geographic pubblicò in prima pagina un articolo sugli studi di Giuseppe Passarino, ordinario di Genetica all’Università della Calabria. Il giornalista Stephen S. Hall girò con lui diversi paesini per raccontare la regione che con l’isola di Okinawa in Giappone divide il primato mondiale dei maschi che vivono più a lungo. Nelle zone montuose dell’entroterra reggino sono soprattutto gli uomini a morire in età avanzata. Dicono sia l’aria, la mancanza di stress, il cibo. Qualcuno, con un tocco di realismo magico, è convinto che la Vallata bizantina dello Stilaro che raccoglie Bivongi sia baciata dalla benedizione dei santi locali. Tra patrimonio genetico e aspettativa di vita alta c’è un nesso, ovviamente, come spiega il prof Passarino: «Nei registri anagrafici abbiamo trovato conferma che i più longevi avevano genitori che vivevano mediamente più a lungo dei loro coetanei». Ma questa predisposizione fa da sfondo a un fattore che peserebbe molto di più sull’età: «La dieta, povera di proteine animali e ricca di verdure». Mangiare poca carne, nei primi decenni della loro vita «li ha rinforzati di fronte alle malattie». In realtà gli anziani di Bivongi per spiegare il loro Dna ti mostrano un bicchiere di vino. Vino del posto con cui si tagliava il Cirò e che alcuni bevono da tutta la vita senza aver mai toccato l’acqua. E’ quello, dicono, il segreto nascosto nel loro sangue.

 

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