Altitudine

280 m slm

Superficie

50,22 Km2

Abitanti

803

Densità

15,99 ab/Km2

CAP

89030

Nome abitanti

samesi

Santo patrono

San Giovanni Battista

Giorno festivo

29 agosto

 

 

 

Incerte sono le notizie sull'origine del paese che il leggendario racconto storico vuole edificato nel 492 A.C. da profughi greci della città di Samo sappati dalle incursioni di Dario (Re di Persia). Da questo si è arrivati a ritenere che il filosofo e matematico greco Pitagora fosse nato proprio qui.

Arrivati sulla costa Jonica si diressero verso l’interno e fissarono la loro prima sede in prossimità di un piano, stabilendosi al di là del fiume La Verde, nella contrada chiamata Rudina.

La città di Samo si ingrandì molto presto, i suoi confini si estendevano da Capo Bruzzano fino a Gerace e in pochi anni sorsero grossi centri di cultura. A Samo fu costruito un grande porto, dove si contavano più di sette navi che salpavano il mare collegando la costa calabra con le isole greche.

RuderiCol passare degli anni secondo alcuni censimenti la città di Samo contava all’incirca ottantamila abitanti. Erano presenti numerosi monumenti e da racconti tramandati da generazioni in generazioni si narra che la città contava sei Chiese (Santa Domenica, San Nicola de Rosamanis,  San Carlo, San Ferdinando, Santa Caterina e Santa Maria della Verde denominata così per la vicinanza al fiume) e un Monastero di  monaci Basiliani.

RuderiDopo il periodo della Magna Grecia le notizie storiche su Samo diventano sempre più rare, si può solo ipotizzare che la “Grande Città” decadde intorno al 216 A.C. durante la seconda guerra punica quando Locri si arrese ad Annibale ed ai Cartaginesi…

La città di Samo trascorse un altro periodo fiorente poco prima delle incursioni saracene, popoli islamici che saccheggiavano e distruggevano tutto accesi dal loro fanatismo religioso, e infatti nel 976 guidati dall’emiro Abu ‘al Qasim la  città di Samo fu completamente distrutta: le terribili scorrerie saraceniche seminarono sull’abitato paura e morte, il porto subì notevoli danni, le navi furono distrutte, le gioiellerie e i vari negozi dove si lavoravano i vasi di terracotta furono incendiati, e non risparmiarono nemmeno le chiese che furono interamente rase al suolo. I superstiti abbandonarono la città ormai devastata e si diressero all’interno, in direzione di un monte che in seguito fu chiamato Palecastro dove intorno all’anno 1000 rifondarono la città, che col passare degli anni si ingrandì e si fortificò sotto il dominio di Filippo Santacroce, poi sotto Re Carlo ed infine nel 1311 sotto la guida della principessa Margarita di Cariati.

Ruderi chiesaNel Quattrocento risulta con il nome di Crepacore, poi trasformato in Precacore tra il XVI e il XVII secolo. Il primo, per l'Alessio, potrebbe richiamare le spaccature del terreno (dal calabrese crepari, spaccarsi). Il secondo è una metatesi di Crepacore. Nel 1496 fu a capo di una baronia tenuta dai Marullo di Condoianni.
Passò poi agli Squarciafico, di nuovo ai Marullo, ai Tranfo (1588-1743) che vi presero il titolo di duca e, infine, ai de Franco che lo mantennero fino all'abolizione della feudalità (1806).
Subì la distruzione di due terribili terremoti (nel 1783 e nel 1908) che costrinsero gli abitanti a riedificare il paese nel luogo in cui sorge oggi (si possono ancora osservare i ruderi dell'antico insediamento).
Nel 1807 venne riconosciuto università e incluso nel cosiddetto governo di Bianco. Conquistò l'autonomia amministrativa nel 1811.

Santuario di San Giovanni BattistaPrecacore venne quasi definitivamente distrutto dal terremoto del 28 dicembre 1908, in seguito a quel cataclisma il paese venne ricostruito nel luogo attuale e nel 1911 riacquistò il primitivo nome di Samo. Nel 1930 (periodo fascista) furono aggregati a Samo altri due comuni che in passato erano castelli di Precacore: Caraffa  e S. Agata, che fino al 1946 costituirono insieme un solo Comune sotto il nome di Samo di Calabria. 

L'abitato si stende su un altopiano arenaceo, alla sinistra della fiumara La Verde. Alle spalle, in posizione dominante, ci sono i resti dell'antico borgo di Precacore abbandonato dopo i danni provocati dai terremoti. Fontana della roccaSi possono ancora ammirare: la chiesa di San Sebastiano di cui sono rimaste le mura in pietra e calce, mentre manca completamente la copertura (all'interno si intravedono appena due affreschi molto antichi, con la raffigurazione di santi e passi della Bibbia, che rischiano, però, di perdersi per sempre); la chiesa di San Giovanni Battista, già Santa Maria delle Grazie, un antichissimo edificio religioso, anche questo privo di copertura, sulla cui facciata principale si nota il vano per la campana (all'interno tracce di un affresco murale: la Madonna Nera); i ruderi del castello Pitagora; qualche casa; i vicoli.
PiazzaNel territorio di Samo ci sono anche i resti di un vecchio mulino in pietra.

Interessanti da visitare la chiesa di San Sebastiano, la chiesa Matrice di San Giovanni Battista. Da Samo, si può raggiungere il Parco dell'Aspromonte seguendo il sentiero che dalla stessa Samo conduce al torrente Ferraina e prosegue verso l'interno fino a raggiungere Montalto (1955 m.). E' percorribile in alcune ore di cammino a piedi ed attraversa una area incontaminata, costituita da dirupi ed anfratti, gole profonde e picchi assolati, boschi di querce e castagni. Un altro percorso all'interno della vallata è quello che congiunge Samo con Precacore fino ad arrivare alle gole La Verde e Palecastro.

La Leggenda

Si narra che intorno al 1530 Samo venne distrutta completamente da un nubifragio che durò sette giorni e sette notti, di questa immane sciagura non rimasero che poche persone, tra cui una donna di nobile Casato (probabilmente una Principessa) la quale perse suo marito e sette figli, ed in quel momento di grande dolore si affacciò da un ripiano ed esclamò: “ mamma, o mamma , nel vedere la mia Samo così distrutta mi Crepa il cuore”.

Prendendo spunto da questa leggenda il nome della città fu cambiato prima in Crepacuore e successivamente in Precacore.

 

 

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