Quel segreto di Saverio Strati…
A
21 anni Saverio Strati smise di fare il muratore. Si separò
dai suoi compagni di lavoro (il padre Paolo, lo zio
Francesco Scarfone, Vincenzo Strati e Attilio Scarfone) e si
trasferì a Catanzaro per studiare. Se ne andò come tanti
personaggi che descriverà, poi, nelle sue opere. Se ne andò
come Tibi (il Tiberio che, aiutato economicamente da don
Michelino, avrà la possibilità di costruirsi un futuro
migliore). Ma per ogni Tibi che parte c’è una Tàscia che
resta. É quasi una legge di natura che non risparmierà
nemmeno Strati. A Sant’Agata del Bianco, difatti, il giovane
Saverio lascerà il suo primo amore, un amore sognato. E lo
farà per sempre. Era la ragazza più bella del paese. La
vedeva passare quando si recava alla fontana o la guardava
durante la festa, magari all’uscita della chiesa, quando gli
uomini stavano in piazza pronti a condurre in processione la
santa. Anche a lei piaceva Sasà (come lo chiamava
confidenzialmente). I due si scambiavano messaggi tramite
un’amica comune. Ma quando Strati ebbe l’opportunità di
studiare si pose il problema del trasferimento in un’altra
provincia. Lei lo rincuorò: avrebbe atteso il suo ritorno.
Nel frattempo, anche i genitori cominciavano a intendere i
sentimenti dei figli ma la madre di Saverio, solo lei, si
dimostrava ostile. Ciò ferì l’orgoglio della ragazza che
mantenne un certo distacco e pretese che il futuro scrittore
si dichiarasse apertamente. In caso contrario non lo avrebbe
aspettato. Il giovane, però, seppur in ritardo, tentava di
percorrere la via degli studi. Aveva un vivo desiderio di
apprendere e di raccontare il suo mondo. Ma, per il momento,
il domani era un’incognita. Rinunciò, quindi, a parlare con
i genitori di lei. Aveva accarezzato l’amore, ma puntò i
piedi davanti ad esso. Ed il filo della storia,
inesorabilmente, si spezzò. Forse non è un caso che pure nei
romanzi di Strati l’amore sarà inattuabilità, un alito lieve
che resta quel che è soltanto nella giovinezza. Più avanti,
tale sentimento, troverà la sua sconfitta, poiché nell’età
adulta conterà lavorare, e lavorare duramente.
Saverio
abbandonò il paese e gli anni passarono. I due ragazzi che
si guardavano da lontano per molto tempo non si incontrarono
più. Entrambi si erano sposati. Tuttavia, a lei, certe
volte, faceva piacere ripensare a quel suo affetto giovanile
così puro. Una sera, ormai anziana, chiamò la figlia con una
strana dolcezza negli occhi. Come per svelarle un segreto. E
le disse di una lettera, l’unica, inviatale da Strati.
L’aveva custodita a lungo, ma ad un certo punto decise di
bruciarla. Prima, comunque, la imparò a memoria. La figlia
si affrettò a prendere un pezzo di carta e la madre, con
voce intenerita, ricordando parola dopo parola con una
sorprendente giustezza, le dettò delle frasi che, ancora
oggi, rappresentano una testimonianza preziosa.
E non solo perché ci riportano alla nostra storia. Dicevamo,
infatti, che la ragazza chiese a Saverio di parlare con i
suoi familiari. Lui, che sapeva meglio scrivere che parlare,
le fece pervenire questo messaggio: Perché, se mi ami come
dici, vuoi sottopormi a questa prova? Potrei dirlo a tuo
padre e ai tuoi fratelli ma ora mi sembra una cosa troppo
dura. Però ti assicuro che se l’anno venturo sarò promosso
potrò dire liberamente ai tuoi e ai miei quanto sento. Ora
mi sembra una cosa non buona. Sei la più bella fanciulla del
paese. T’amo quanto me stesso. La natura ti ha dato bellezza
e diligenza. Ogni tanto vedo qualche sguardo e qualche
sorriso e mi sembra di vedere grazia infinita. Ricordandoti
sempre, ti invio i più fervidi baci. Ricevili da me e
famiglia. Affettuosissimo Saverio La giovane lesse il foglio
davanti alla sua amica/ambasciatrice. Pensò che non era in
grado di mantenere una promessa senza l’approvazione della
sua famiglia e a malincuore, irrimediabilmente, ribatté: «Me
lo saluti e me lo ringrazi tanto. Ma digli che non posso
aspettarlo. In questo mondo ci sono donne per lui e uomini
per me». Saverio partì, forse già chinato sulla propria vita
per arrivare a narrarla nei libri. Per quasi quarant’anni
non incrocerà più gli occhi di quella ragazza.
Quando
rientrava in paese, difatti, se ne stava chiuso nella sua
casa, in contrada Cola, su un’altura, dove riceveva la
visita degli amici più cari. Accadde un giorno, però, che in
un funerale, di sfuggita, i due dovettero salutarsi. Non
sapremo mai cosa pensò lo scrittore nello stringere quella
mano. Come non sapremo mai se lei, qualche volta, si pentì
di quella risposta così fiera e decisa. Certo, Strati non
poteva immaginare che rammentasse ancora la lettera che le
aveva mandato. Probabilmente, schivo e riservato com’era,
non parlava con nessuno dei suoi sentimenti privati, di
quelle cose che possono apparire ridicole e, nello stesso
tempo, si rimpiangono. Era uno specialista a far diventare
ogni esplosione emotiva un fiume sotterraneo, che conteneva
nel cuore in un modo tutto suo. Eppure lei, ritornando un
po’ fanciulla, lo ripeteva spesso: «Sapete che Sasà lo
scrittore, da giovane, era innamorato di me?».
Scritto da Domenico Stranieri
il 20 novembre 2014. pubblicato su www.inaspromonte.it
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