IL MAIALE

Il maiale è il monumento della cucina calabrese: attorno al maiale e alla sua macellazione si è sviluppata nei secoli una grande tradizione popolare di riti, leggende e usanze. Le frattaglie erano oggetto di particolare attenzione perché da esse, secondo alcune credenze popolari, si potevano trarre numerosi auspici. Da quest'arte derivano i salumi più tipici della regione esportati in tutto il mondo: la celebre soppressata, composta da carne magra selezionata tra pezzi di coscia e filetto e insaporita con pepe e sale, le salsicce piccanti e dolci, le pancette affumicate, e ancora il capicollo, realizzato usando la carne che si trova tra la testa e il filetto del maiale, insaporito con sale di cava e peperoncino. Tra le specialità, la nduja, un salume cremoso ottenuto dagli scarti della lavorazione del maiale, oppure con la trippa e la lingua.

L’origine della tradizione salumiera calabrese risale probabilmente al tempo della colonizzazione greca delle coste Joniche ed ai fasti culturali e artistici della Magna Grecia. Si tratta, quindi, di una tradizione bimillenaria sebbene la più antica testimonianza scritta sull’alimentazione delle genti meridionali la si deve al latino  Varrone. Egli, ebbe a scrivere di “una carne tritata, insaccata in un budello”, che i soldati romani impararono a produrre dalle popolazioni meridionali. Un altro romano, Apicio, nel suo celebre “De re coquinaria” ci conferma che la preparazione dei salumi richiedeva (e richiede) il sale e il pepe.

Le prime documentazioni certe riguardanti la tradizione legata alla lavorazione delle carni suine risalgono al 1600: i diversi testi fanno comunque capire quanto già allora fosse diversificata l’utilizzazione della carne suina in prodotti finiti di diversa natura. In epoca più recente, la produzione di insaccati è attestata dalle statistiche pubblicate a seguito dei censimenti dell’epoca di Gioacchino Murat, nei primi anni del XIX secolo. La produzione di insaccati ha conservato nel tempo le caratteristiche della tradizione gastronomica calabrese che affonda le sue radici nella civiltà contadina di questa terra fiera ed orgogliosa. Tante antiche tradizioni, legate ai ritmi e ai momenti dell’annata agraria, sono ora quasi scomparse, ma le peculiarità delle produzioni calabresi rimangono.

Tra gli illustri testimoni della bontà dei salumi calabresi troviamo Giacomo Casanova. Egli narra, nelle sue memorie, di aver pranzato, durante un suo viaggio in Calabria, presso la mensa del vescovo Francescantonio Cavalcanti. Qui assaggiò con particolare godimento i salumi della Calabria che giudicò i migliori che avesse mai mangiato. 

I tagli del maiale

1: zampe 2: zampino 3: carrè (culatello) 4: coscia 5: spalla 6: pancetta 7: filetto 8: lombo 9: coppa 10: gola e guanciale 11: testa 12: grasso 13: costine

 

Testa

Generalmente suddivisa in tre parti (magro, ossa e grasso) viene utilizzata in parte per la consumazione umana ed in parte per la produzione di farine proteiche per uso zootecnico. Neppure le orecccchie e lingua vengono buttate.

 

Gola o guanciale

Sono la parte di grasso che va dalla testa alla spalla. Vengono utilizzati come componente grassa per la produzione del salame secondo percentuali che variano dal 20% al 22% e, siccome tengono bene la cottura, vengono spesso utilizzati per la preparazione di cotechino e zampone.

 

Spalla

Normalmente si suddivide in due componenti: fesa e muscolo. La prima, essendo più pregiata e tenera, viene usata per la produzione del salame crudo; il secondo, più duro, viene utilizzato per la preparazione di prodotti che richiedono cottura (cotechino, salame cotto, mortadella e wurstel). Dalla spalla si ottiene anche il "prosciutto cotto di spalla".

 

Pancetta

È la parte anteriore del costato. Si distingue in parte parte magra e parte grassa. La parte grassa, fino a percentuali del 20-25%, si utilizza per la preparazione del salame. Acconciata, speziata ed arrotolata dà origine al prodotto omonimo in tutte le sue varietà.

 

Coscia

È il taglio più pregiato dopo il filetto: utilizzato per la produzione del salame crudo e dei prosciutti (crudi o cotti).

Coppa

Rifilando, snervando e sgrassando il capocollo si ricava questo taglio utile alla produzione del salame crudo.

Lombo (lonza)

Utile alla produzione del salame crudo, si può consumare anche arrosto o a fettine.

 

Carré

Da questo taglio si ricavano le braciole (la parte attaccata al prosciutto si chiama culatello e viene usata per la produzione del prodotto omonimo).

 

Zampe

Vengono svuotate e utilizzate come contenitori per gli zamponi.

 

Grasso

Possono distinguersi vari tipi di grasso: il lardo, il lardello, il grasso perirenale (o sugna), il grasso duro di schiena, il grasso di gola. Tutti questi vengono utilizzati nella preparazione degli insaccati cotti e crudi. Dalla sugna, invece, dopo un trattamento a caldo, filtrazione e colatura, si ottiene lo strutto.

 

- Lardello

È quella parte di grasso che copre la schiena. Macinato in giusta misura, entra nell'impasto dei salami o nella mortadella.

- Spallotto di lardo

Si definisce così la parte di lardo che si trova sulla scapola, appena dopo la gola. È una parte indubbiamente pregiata, con uno spessore che supera i 4 cm, e dalla quale, dopo una giusta miscela di salagione, si ottiene il "lardo della vena".

 

Cotenna

È la pelle del maiale, ripulita e raschiata dalle setole. Macinata, è uno degli ingredienti del cotechino o dello zampone; l'eccedenza viene trasformata in gelatina animale. Generalmente, gli involucri per gli zamponi si ricavano anche dalla cotenna che ricopre la spalla.

Le parti rimanenti dell'animale non vengono buttate ma sono utilizzate per gli usi più svariati: ciò che non è utilizzato per l'alimentazione umana viene trasformato in farine per uso zootecnico o per la produzione di pennelli e spazzole.

 

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